Dolce, dolcissimo Natale. Come ogni anno, anche per me è giunto il momento della preparazione del tipico dolce natalizio, più di ogni altra cosa un momento di unione e condivisione: insieme a nonna, mamma, sorella, tutte ci adoperiamo nella preparazione di un'antica ricetta, armate di grembiule e pazienza. Io e Zoe ci occupiamo di impasto e infornata, la nonna tiene d’occhio la cottura e la mamma è alla decorazione candita e packaging finale. Le preparazioni dolciarie nelle feste occupano un posto d’onore sulla tavola. Ma non vi parlerò di panettone e torrone, i gran classici, ma di dolci fatti in casa. La loro preparazione, il profumo e il gusto, scatenano piccole gioie, ricordi infantili, momenti deliziosi che costituiscono il nostro personale bagaglio emozionale e culturale. In passato sul nostro territorio esisteva la forte usanza del “Pane di Natale”, una tradizione andata oggi un poco perduta, ma che nella mia famiglia teniamo viva da almeno 20 anni. Ma cos’è il Pane di Natale? Il suo nome piuttosto generico comprende una serie di pani dolci, fragranti ed odorosi, una miriade di varianti tra cotture e componenti, legati alla zona e ai costumi familiari. Frutta passita, uva, il vino e la Saba, i liquori, le marmellate, le castagne, la zucca, le mandorle, le nocciole e le noci, il miele: questi sono i sapori zuccherini della campagna, ingredienti tipici della cucina invernale, calorica ed energetica, sostanziosa e adatta a scaldare gli animi nelle giornate più fredde. Un dono non da poco perché in passato la frutta, lo zucchero, le spezie e l'esotico cacao erano di grande valore. La preparazione di questi pani poi era lunga, poteva durare anche giorni. (Ed infatti - a seconda di quanto ampia sia la vostra lista di amici ed estimatori del Pane di Natale - non potrete cavarvela con meno di 2 o 3 giornate intense in cucina). Un regalo permesso una volta sola all’anno quindi, con preziosissimi ingredienti; spezie portate da lontano dopo lunghi viaggi e frutta secca e sciroppata, candita o macerata che si manteneva fino al giorno del suo utilizzo, un giorno di grande festa. Non aspettatevi però un panettone o un pandoro. Questi lasciamoli alle tradizioni dei vicini lombardi e veneti. Dalle nostre parti si servono ancora ricette antiche come il Certosino di Bologna, il Panone di Natale o la Spongata di Brescello e di Busseto, di cui andava pazzo Giuseppe Verdi. In Romagna è d'obbligo nominare anche il Miacetto, dolce tipico della zona di Cattolica, un pane dolce di origine medioevale che veniva cucinato alla corte dei Malatesta di Rimini. Il Miacetto si preparava rigorosamente il 24 dicembre: quando ai romagnoli fortemente religiosi non venivano infatti permessi alimenti contenenti carne e derivati nei giorni di vigilia; il Miacetto era uno dei pochissimi dolci accettati in quanto privo di nutrimenti d'origine animale come strutto, latte e uova. Altri tempi, tempi di ristrettezze e di prescrizioni religiose rigorosamente rispettate. Poi le tavole delle feste sarebbero diventate strabordanti, pantagrueliche, ricchissime di grassi animali, sature, almeno in quei giorni di celebrazione. Perché una tavola imbandita per le feste significava abbondanza e prosperità a venire. Il banchetto natalizio era tra i più sontuosi dell'anno. Oggi non è da meno. E per un menù natalizio romagnolo doc, dopo cappelletti in brodo di cappone, lesso e arrosti, chiudere con un dolce è obbligatorio. Io in casa preparo, con le mie fide aiutanti, un personalissimo Pane di Natale, ricetta tramandata dalla famiglia e di cui mia nonna è custode gelosissima e fiera. Tanto che mi ha vietato di diffonderla, marcandola come Top Secret.
Vi propongo allora di mettere in pratica quella altrettanto dolce del mitico miacetto: - Preparazione - Mettete a bagno dell’uva passa e poi scolatela. In una ciotola versate olio, miele, acqua calda, zucchero, sale e cannella; mescolate molto bene in modo che il miele si sciolga completamente. Prendete della frutta secca (noci, mandorle e pinoli) - tenete da parte una manciata di frutta che servirà per la decorazione finale del dolce - e tritatela in modo grossolano , poi aggiungetela a tutto il composto, insieme a scorza di limone e arancia a pezzettini. Amalgamate il tutto. Ora unite lentamente il "rumgiulen" (il cruschello), girando con un cucchiaio di legno. Per la dose vedete ad occhio: la quantità sarà giusta quando la densità dell’impasto permetterà al cucchiaio di rimanere in piedi. Se non trovate il rumgiulen potete sostituirlo con 300 grammi circa di crusca mischiati a 150 grammi di farina integrale. Per la cottura utilizzate una taglia larga e bassa, ricoperta di carta da forno o unta. Infornate per 30 minuti in forno a 190°C, pre-riscaldato. Lasciate raffreddare e spennellate poi con miele; utilizzate la frutta secca tenuta da parte per decorare.
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AuthorsCANDI - passionate cook, curious about new tastes and flavours, she loves experimenting. Archives
June 2021
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